giovedì 23 luglio 2009

OperaFestival solidale con il popolo iraniano


Foto di Sara Giosa

Voci per l'Iran libero' sul palco dell'Aida


Dal giorno della rielezione del presidente ultraconservatore Ahmadinejad, il popolo iraniano continua a scendere in piazza per denunciare i brogli elettorali e chiedere l'immediato rilascio dei prigionieri politici, nonostante la violenta repressione da parte delle forze di polizia e delle squadre paramilitari dei Basiji.

A sfidare il regime chiedendo nuove elezioni libere e democrazia sono in particolare i giovani studenti iraniani, e sono numerosi come lo erano dieci anni fa durante la rivolta studentesca.

Le medesime richieste arrivano anche dall'Associazione degli Studenti Iraniani a Firenze, dal Comitato per la Democrazia in Iran, entrambi molto attivi sul territorio fiorentino, e dal Comune di Firenze che, con una 'risoluzione sulla solidarietà con la lotta democratica del popolo iraniano' proposta dalla Commissione di pace, solidarietà e relazioni internazionali, si impegna “in tutti gli ambiti e nelle forme possibili, per il sostegno alla lotta e al rispetto dei diritti umani dei militanti democratici e del popolo iraniano”.

Un impegno che è stato nuovamente concretizzato il 21 luglio 2009 con la decisione di illuminare di verde la statua del David e il piazzale Michelangelo dalle ore 21 fino a tarda notte. L'iniziativa si inserisce nell'ambito di 'Voices for Iran' organizzata dal Comitato per la Democrazia in Iran in collaborazione con Multipromo/OperaFestival e con il patrocinio del Comune di Firenze.

OperaFestival ha scelto di dare rilievo a questa iniziativa riservando agli studenti iraniani uno spazio all'interno del Giardino di Boboli in occasione dell'ultima rappresentazione dell'Aida, i quali all'ingresso del teatro erano impegnati a distribuire nastri verdi, ormai colore simbolico della lotta per la democrazia in Iran.

Prima dell'inizio dell'Aida è stato srotolato sopra il palco un telo verde di otto metri e un rappresentante degli studenti iraniani, Nima, ha tenuto un discorso rivolgendosi ad una platea colma di spettatori.

Nima ha rinnovato la richiesta di appoggio al popolo iraniano che si sta battendo per la democrazia, rivolgendosi a chi in passato ha conosciuto l'oppressione e ha dovuto lottare per ottenere la libertà, e precisando che non è stato Mussavi a portare la gente in piazza ma al contrario il popolo che lo ha costretto a schierarsi contro il regime di Teheran . Ha inoltre ricordato che ciò che sta accadendo in Iran non è solo un problema del popolo iraniano ma riguarda tutta la comunità internazionale, la quale deve prendere delle misure concrete di fronte all'efferata repressione in atto.

Con queste significative parole conclude una delle “voci per l'Iran libero” che lascia una testimonianza fondamentale al pubblico presente, e il palco ad altre straordinarie voci.


Sara Giosa


3 commenti:

  1. Spero che sia una rivolta del popolo, e non un'altra rivoluzione 'colorata' manovrata dai soliti (ig)noti. Ciao.

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  2. Manovrata o sostenuta o sfruttata che sia si tratta di una rivolta contro un regime dittatoriale religioso e disumano (qualcuno potrà dubitare della veridicità del video della morte di Neda ma NESSUNO può negare le impiccagioni e le lapidazioni che puntualmente vengono compiute in iran, a meno che non voglia farsi pertavoce di tale regime..) quindi non vedo perchè non dovrebbe essere accolta con entusiasmo da chi sostiene la democrazia, compresi i più convinti antiamericanisti (ai quali personalmente non contesto niente, anzi...).
    Conosco da molto tempo rifugiati politici iraniani esiliati all'estero da più di vent'anni che hanno combattuto nella Resistanza Iraniana (tra parentesi, riguardo alla decisione della Corte di Giustizia di Bruxelles di cancellare dalla lista dei terroristi internazionali l’Organizzazione Mojaheddin del Popolo, l'opposizione in esilio al governo di Teheran, la Gran Bretagna e non solo ha fatto pressioni per far permanere il nome dei Mojahedin nella lista al solo scopo di accondiscendere il regime iraniano) i quali, a fianco del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ritengono che questa reazione del popolo sia un segnale positivo, e credimi, loro non sono mai scesi a compromessi con i 'soliti noti' anche perchè non credono che a loro faccia comodo che questo regime cada.
    ciao.
    Sara.

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  3. Anche vivendo in un paese dove accadono gli eventi, in questo caso l'Iran, credo sia molto difficile fare un'analisi oggettiva di cio' che realmente accade. Questa analisi trovata in rete mi sembra che fotografi la situazione iraniana in modo lucido ed obiettivo. " Le recenti elezioni iraniane – di là degli evidenti interventi esterni per mettere in crisi l’attuale governo – hanno portato all’attenzione le frizioni interne della società iraniana, più che una mera questione elettorale o di voti.
    Nella storia dell’Iran (ossia della moderna Persia), soprattutto dalla metà del secolo scorso, la società iraniana ha vissuto le stesse contraddizioni che abbiamo visto in piazza a Tehran.
    Gli introiti petroliferi trasformarono la società iraniana: come avvenne in Europa, una borghesia dedita al commercio, alla nascente industria petrolchimica ed alle attività corollari, affiancò le tradizionali agricoltura e pastorizia.
    Ciò avvenne con Mossadeq – che cercò una sintesi meno traumatica, ma anche meno favorevole alla borghesia, e per questo fu detronizzato con l’aiuto degli americani – poi con Reza Phalavi: la rivoluzione iraniana del 1979 fu una rivoluzione popolare, sorretta proprio dai milioni di diseredati che lo Shah, corrotto e succube delle ingerenze esterne (soprattutto statunitensi), aveva necessariamente trascurato per sorreggere la borghesia. La quale, non dimentichiamo, vive soprattutto a Tehran e nelle città.

    Oggi, le migliorate condizioni economiche, ci hanno mostrato il volto di una borghesia che vuole occidentalizzarsi – ossia desidera partecipare alla spartizione della ricchezza nei modi e nei termini di quelle occidentali – a scapito proprio dei ceti popolari, che a loro volta si sentono più protetti da quella specie di “socialismo reale” (riconosciamo un’evidente difficoltà nell’identificare, economicamente, il sistema iraniano) instaurato da Mahmud Ahmadinejad.
    Il quadro si complica, poiché rivendicazioni di “cassetta” si mescolano con le “tinte” islamiche del regime: apparentemente, assistiamo all’appoggio ad Ahmadinejad da parte dei ceti popolari mentre, dall’altra, la borghesia cerca “sponda” anche nel clero, nella figura di un corrotto Rafsanjani. In altre parole, se si gratta via un po’ di “vernice” religiosa, appare l’eterno scontro di classe.

    Le ultime elezioni, vinte da Ahmadinejad molto probabilmente con i due terzi dei voti, indicano proprio la frattura della società iraniana: semplificando, le città a Moussavi e le campagne ad Ahmadinejad.
    Ciò nonostante, Ahmadinejad è uscito fortemente indebolito dalle ultime elezioni, poiché la borghesia iraniana ha compreso che opporsi con i mezzi delle borghesie internazionali – supporto mediatico, internazionalizzazione del conflitto interno, ecc – può, alla lunga, riportare il Paese ad un equilibrio più favorevole per i ceti cosiddetti “moderati”, ossia per il commercio, gli affari, ecc.
    Allo stato dell’arte, non scorgiamo – però – da parte di Ahmadinejad nessun cedimento: d’altro canto, il presidente non ha scelta, se non quella di continuare ad appoggiare (ed a farsi appoggiare) dalla popolazione rurale, dai settori dello Stato, dalle industrie controllate dal governo stesso."

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