Intervista a Serena Pasqualini, l’Amneris marchigiana
Innanzitutto complimenti per la prima dell’AIDA, anche se era la prima volta che seguivo un’opera lirica sono rimasta molto colpita da lei e dal suo ruolo Amneris.Inizierei con la prima domanda, come si è sentita nell’interpretare Amneris in questa Aida che ha visto un grande scultore come Igor Mitoraj, occuparsi delle scenografie e dei costumi?
Mi sono trovata molto bene, è stata una scelta molto asciutta e d’impatto, che ha privilegiato secondo me anche la recitazione del cantante (come impatto teatrale e vocale).
C’erano queste sculture e questa scenografia molto essenziale dove il personaggio ha la possibilità di muoversi e di esserci, pur avendo dietro queste enormi sculture. Come nel terzo atto quando c’è la grande maschera blu. Cose molto essenziali ma belle.
Sì, questo aspetto dell’interpretazione mi aveva colpito subito, soprattutto in lei. Non arrivava solo la voce. Quindi un impatto forte…
Sì un impatto forte, che però ha lasciato tanto spazio agli interpreti. L’interprete può davvero giocare. Con questa grande forza dietro. C’è tanto spazio. Tante volte si trovano scenografie che sono piene di cose e ci si può perdere. Questo era essenziale e forte.
Naturalmente anche con Cigni avrete lavorato molto sull’interpretazione. Com’è stato collaborare con questo regista?
Sì, mi sono trovata benissimo. Ci siamo capiti molto bene. E’ stata la prima volta che ho collaborato con Cigni e già dal primo giorno ci siamo subito intesi. Quando si parla la stessa lingua si costruisce qualcosa di bello.
E’ la prima volta che interpreta questo ruolo?
No, è la terza.
E’ stata sicuramente un’esperienza diversa…
Ogni volta è una cosa diversa, ogni volta si aggiunge sempre qualcosa di più al personaggio.
Con i consigli del regista, con i consigli del direttore d’orchestra ( con il quale mi sono trovata benissimo).Quello che sono riuscita a fare, e che forse mi ha permesso di dare più emozione, è stato trovare un regista intelligente e un direttore d’orchestra altrettanto brillante. Quindi quando queste combinazioni si fondono si ha la possibilità di andare tutti sulla stessa linea. Non devi andare a scontrarti con un’idea diversa. Se basta che guardi il direttore d’orchestra e sei insieme, vai…
E’semplicemente questione di feeling che non dipende dalla bravura.
Se non ci fosse stata empatia sarebbe stato tutto più difficile.
Le ultime domande poi la lascio andare.
Come si è avvicinata al mondo della lirica?
E’ successo da piccolina, facevo parte di un coro di chiesa e mi sono avvicinata a questo mondo. Anche se a casa non avevo nessuno appassionato a questo tipo di musica. All’inizio non la capivo anzi, per me era anche abbastanza noiosa. Tramite il maestro del coro che per giocare ci faceva fare i cori più strani da portare un po’in giro (Traviata, Toreador,Carmen)ho iniziato a cantare. Poi ho fatto qualche lezione in conservatorio per vedere di cosa si trattasse e da lì ho iniziato a prendere confidenza ed è cominciata questa passione che è durata molti anni e che sta continuando. Perché ho scoperto una cosa:se non c’è passione…non funziona!
L’ultima considerazione di carattere generale, anche il progetto che mi coinvolge ha un unico scopo, quello di avvicinare i giovani al mondo dell’opera lirica, infatti noi gestiamo un blog adottando un modo di comunicare sicuramente più giovanile. Alla prima dell’ Aida abbiamo intervistato però molti giovani, secondo lei quanto ha inciso la location di Boboli? O addirittura, la programmazione di operafestival, che alterna musica classica alla leggera, la lirica al pop?
Considero interessante questa combinazione che coinvolge tanti tipi di persone giovani e non. Tale accostamento è un ottimo mezzo per far conoscere la lirica allargando il suo pubblico solitamente ristretto.
La ringrazio per la disponibilità, ancora complimenti e in bocca al lupo per stasera.
Letizia Vallini
Foto: Sara Giosa
Mi sono trovata molto bene, è stata una scelta molto asciutta e d’impatto, che ha privilegiato secondo me anche la recitazione del cantante (come impatto teatrale e vocale).
C’erano queste sculture e questa scenografia molto essenziale dove il personaggio ha la possibilità di muoversi e di esserci, pur avendo dietro queste enormi sculture. Come nel terzo atto quando c’è la grande maschera blu. Cose molto essenziali ma belle.
Sì, questo aspetto dell’interpretazione mi aveva colpito subito, soprattutto in lei. Non arrivava solo la voce. Quindi un impatto forte…
Sì un impatto forte, che però ha lasciato tanto spazio agli interpreti. L’interprete può davvero giocare. Con questa grande forza dietro. C’è tanto spazio. Tante volte si trovano scenografie che sono piene di cose e ci si può perdere. Questo era essenziale e forte.
Naturalmente anche con Cigni avrete lavorato molto sull’interpretazione. Com’è stato collaborare con questo regista?
Sì, mi sono trovata benissimo. Ci siamo capiti molto bene. E’ stata la prima volta che ho collaborato con Cigni e già dal primo giorno ci siamo subito intesi. Quando si parla la stessa lingua si costruisce qualcosa di bello.
E’ la prima volta che interpreta questo ruolo?
No, è la terza.
E’ stata sicuramente un’esperienza diversa…
Ogni volta è una cosa diversa, ogni volta si aggiunge sempre qualcosa di più al personaggio.
Con i consigli del regista, con i consigli del direttore d’orchestra ( con il quale mi sono trovata benissimo).Quello che sono riuscita a fare, e che forse mi ha permesso di dare più emozione, è stato trovare un regista intelligente e un direttore d’orchestra altrettanto brillante. Quindi quando queste combinazioni si fondono si ha la possibilità di andare tutti sulla stessa linea. Non devi andare a scontrarti con un’idea diversa. Se basta che guardi il direttore d’orchestra e sei insieme, vai…
E’semplicemente questione di feeling che non dipende dalla bravura.
Se non ci fosse stata empatia sarebbe stato tutto più difficile.
Le ultime domande poi la lascio andare.
Come si è avvicinata al mondo della lirica?
E’ successo da piccolina, facevo parte di un coro di chiesa e mi sono avvicinata a questo mondo. Anche se a casa non avevo nessuno appassionato a questo tipo di musica. All’inizio non la capivo anzi, per me era anche abbastanza noiosa. Tramite il maestro del coro che per giocare ci faceva fare i cori più strani da portare un po’in giro (Traviata, Toreador,Carmen)ho iniziato a cantare. Poi ho fatto qualche lezione in conservatorio per vedere di cosa si trattasse e da lì ho iniziato a prendere confidenza ed è cominciata questa passione che è durata molti anni e che sta continuando. Perché ho scoperto una cosa:se non c’è passione…non funziona!
L’ultima considerazione di carattere generale, anche il progetto che mi coinvolge ha un unico scopo, quello di avvicinare i giovani al mondo dell’opera lirica, infatti noi gestiamo un blog adottando un modo di comunicare sicuramente più giovanile. Alla prima dell’ Aida abbiamo intervistato però molti giovani, secondo lei quanto ha inciso la location di Boboli? O addirittura, la programmazione di operafestival, che alterna musica classica alla leggera, la lirica al pop?
Considero interessante questa combinazione che coinvolge tanti tipi di persone giovani e non. Tale accostamento è un ottimo mezzo per far conoscere la lirica allargando il suo pubblico solitamente ristretto.
La ringrazio per la disponibilità, ancora complimenti e in bocca al lupo per stasera.
Letizia Vallini
Foto: Sara Giosa
Pubblicato su intoscana.it
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