giovedì 29 luglio 2010

LEPORELLO, SERVO DI DON GIOVANNI?

Il suo ruolo nell'opera buffa sopravviene questa denotazione, assumendo una funzione di mediatore tra i livelli di lettura della rappresentazione. Difatti egli è il tramite tra il centro della dimensione d'azione drammatica di Don Giovanni e le altre che ineriscono tale livello con ambivalenza emotiva, che vive dell'antinomia tra l'attrazione e l'ostinato biasimo verso la figura del protagonista.


Non a caso anche le dinamiche tra Don Giovanni e Leporello agiscono nella contraddizione che costantemente risorge fra il disgusto per la vita da briccone, che il padron conduce e la sua inconfessata ammirazione per lui, anzi in certi momenti il suo identificarsi con lui.

Cosa che non è detta dal libretto di Da Ponte, ma dalla musica. Tanto è vero che Leporello nell'aria del catalogo, in tono celebrativo ed entusiasta, sciorina a Donna Elvira tutte le conquiste avute nei vari paesi; in Spagna 1300.

Un altra considerazione del rapporto tra Don Giovanni e Leporello è che quest'ultimo svolge alle volte una funzione di coscienza del padrone come appare dalla II scena del I atto, dopo l'omicidio del Commendatore, il servo condanna l'eccesso, scatenando una secca replica: “L'ha voluto: suo danno” e quando Leporello ribatte: “Ma Donn'Anna cosa ha voluto?” egli reagisce incollerito con un “Taci, non mi seccar!”. E' la coscienza che va placata.

Un'aspetto del personaggio che ricorre spesso è la sua ironica viltà, non si tratta di un ortodossa codardia, ma aberra il rischio in ogni sua forma; quando il pericolo si conforma nel fenomeno del duello tra il suo padrone e il Commendatore nella prima scena del I atto, teme “che il malandrino lo farà precipitar”; o quando accetta, suo malgrado, di indossare i panni di Don Giovanni, poi smascherato nella scena VIII del II atto, si appella al pathos e al logos dei degli altri personaggi per aver salva la vita, esclamando: “Ah pietà di me!”(...)“Il padron con prepotenza l'innocenza mi rubò.”. Ma soprattuto indicativo di questa sua idiosincrasia al rischio è il fatto che Leporello alla morte di Don Giovanni vada “a l'osteria a trovar padron miglior.”, egli non sembra capace né di una scelta autonoma, né di responsabilità e per questo sottostà sempre e solo all'altrui benevolenza o malevolenza.

Quest'ultima scena è stata tagliata dalla regia di Luca Verdone in accordo con l'estetica romantica dell'ottocento, per rendere i personaggi prossimi all'esperienza legata alle influenze del titanismo, dove l'anima sofferente consuma la vitalità fino alla morte consapevole da egli cercata; è l'equilibrio che si ristabilisce, dopo la violazione della legge umana, morale o divina, che sia connessa a peccati o misfatti.

L'interprete di Leporello, Ugo Guagliardo pensa a riguardo:“Don Giovanni è un anima in pena, secondo me rappresenta l'uomo che tende sempre a qualcosa di altro, è proprio quella tensione verso la ricerca che lo reca insoddisfatto della conquista in sé e questo è il motivo per il quale nessuna donna può riuscire ad appagarlo.

Leporello è divertente, ma non è un personaggio buffo, è riduttivo considerarlo tale, anche perché ha una tale maturità e complessità, proveniente dalla concezione che Mozart e Da Ponte hanno fatto, per le note e le parole che canta.”


Elisa
Foto di Ivan

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