Don Giovanni, il protagonista dell’opera, è sicuramente la creazione psicologica più affascinante dell'opera, incompiuta ma allo stesso tempo unificante e dalla quale dipendono tutti gli altri personaggi.
Don Giovanni è un ricco nobile votato all’edonismo, esalta ogni tipo di ricchezza materiale: lusso, vino, cibo ma prima di tutto adora le donne. Egli sente il loro odore, ama tutto l’universo femminile e cerca di sedurre ognuna, che siano “contadine, cameriere, cittadine” o “contesse, baronesse, marchesane, principesse” “d’ogni grado, d’ogni forma e d’ogni età”. Cosa sia per Don Giovanni la passione per le donne è esplicito in diverse frasi del libretto “le donne son necessarie più del pane che mangio, più dell’aria che spiro!” “E’ tutto amore: chi a una sola è fedele con tutte l’altre è crudele. Io che in me sento si esteso sentimento, vo’ bene a tutte quante.”
Ma il suo obiettivo non è quello di possederle fisicamente ed esteticamente, quanto di sedurle psichicamente, così come plagia gli altri personaggi ed il pubblico.
Il suo è un fascino brutale che fa strage in ogni cuore, che macchina costantemente inganni. Don Giovanni sembra davvero amare, è davvero infuocato dall’ardore per le sue donne e alterna la passionalità bollente alla sensualità delicata. Ed è proprio questo che gli riesce meglio, l’essere camaleontico, saper sempre con che maschera mostrarsi e a chi, e non solo in senso figurato data la nota predilezione del nobile per il travestimento e la frode.
Vive in un eterno presente durante il quale va alla ricerca forsennata di piaceri sempre nuovi e tenta di conquistare l’attimo fuggente.
E’ ossessionato dai divertimenti: rincorre le donne, organizza cene, feste e balli nel suo palazzo, è attratto dai convivi, dalla musica e dall’opulenza.
Per lui tutto è una burla, si prende gioco di tutto e di tutti, rifugge la realtà e pretende di violare il rispetto di ogni persona e di ogni norma a suo piacimento.
E’ un essere bestiale più che umano, tutta la sua esistenza è prettamente determinata dai sensi, non s’interroga sulle conseguenze delle sue azioni, è vuoto di sentimenti e infastidito dai troppi pensieri.
Egli vive viaggiando, capitando in situazioni imprevedibili, incontrando donne in ogni dove. Questa è la sua caratteristica essenziale, il movimento costante, il perpetuum mobile.
Mozart e Da Ponte fanno del tempo un concetto basilare del mito: Don Giovanni è privo di ricordi e di progetti, quindi non ha un passato né un futuro, ciò che è duraturo è per lui di vana importanza. E’ un personaggio ossessionato dalla rapidità, come ci spinge a immaginare la musica incalzante durante le sue arie e i ricorrenti “orsù” “presto” “non perdiam tempo” del libretto.
La sua frenesia, vitalità, eccitazione dissennate sono travolgenti. E’ una creatura che traduce immediatamente il pensiero in azione. Un animale che impazzisce correndo su e giù in una sorta di gabbia ritmica. Procede attraverso una perseverante fuga e si nutre di esperienze al limite, è connotato da un’irrequietezza violenta perché infinitamente tesa.
L’assidua volontà di realizzare ciascun istinto lo sospinge fino a travalicare ogni tipo di limite, ma non gli basta il compimento, perché il suo vitalismo e la sua sovreccitazione si nutrono e si autoalimentano del dinamismo stesso e della ricerca spasmodica dell’emozione del possesso.
E’ un personaggio anticonformista e ribelle, che sfida apertamente le convenzioni sociali, è fuori da ogni ordinamento etico precostituito e da ogni schema moralmente riconosciuto e apprezzabile. Agisce trasgredendo le regole perché è inconsapevole che ne esistano, e quando ne viene a conoscenza non se ne cura affatto.
A causa della sua dissolutezza e immoralità provoca in ognuno un sentimento di violenta riprovazione, e viene considerato un tabù da emarginare e distruggere.
Ma al tempo stesso il mondo di Don Giovanni attrae inevitabilmente nella sua orbita tutte le persone che incontra, che in molti casi sono diverse da lui e da lui si ritraggono, non perché siano del tutto moralmente integre, ma perché pervase da scrupoli con i quali celano la volontà di abbandonarsi a passioni illecite. E’ un’inconsapevole calamita da cui tutti sono fatalmente attratti e propulsore ignaro dell’agire altrui.
Il protagonista è presente dall’inizio alla fine dell’opera , ne è la componente uniformante, è sempre in scena se non fisicamente nelle parole, nei desideri, nei sentimenti dei personaggi, per ognuno dei quali rappresenta la principale fonte di turbamento. Figure che gli chiedono di condividere le norme morali e sociali, e le personali inclinazioni e aspirazioni sentimentali, e alle quali lui si nega.
Don Giovanni non si sente responsabile delle conseguenze dei suoi atti perché abbandona tutto nell’istante successivo all’averlo afferrato. Non vuole rifuggire le proprie contraddizioni: non sa risolvere il contrasto tra la sua ontologica insicurezza interiore e la sua apparente forza esteriore.
Si rifiuta con fermezza di cambiare. Rimane integro solo con se stesso: non si pente e non cerca redenzione per la sua malafede. Nega fino all’ultimo la condivisione delle regole e dell’integrità, persino di fronte alla morte si rifiuta di espiare le proprie colpe. Rimane perfettamente coerente con se stesso e con il proprio dinamismo, anche nello slancio finale con cui stringe la mano al Commendatore, venuto dall’oltretomba per confinarlo negli inferi.
Così, dopo aver negato ogni richiesta, dopo l’estrema e fatale ribellione, quali appellativi migliori di “empio traditore” e “dissoluto punito”?!
Eppure, dobbiamo fare i conti con il contesto storico-culturale in cui è stato scritto: nel secolo dei Lumi. Ci renderemo conto, che in quest’ottica, Don Giovanni è soprattutto simbolo del mutamento di quell’epoca: la religione fu contrastata attraverso l’esaltazione di quei valori da essa non riconosciuti; furono celebrate la ragione, la curiosità e le scoperte; tornò con forza inaudita l’idea che la storia dell’uomo è un continuo progresso verso nuove forme di vita e organizzazione sociale, determinate dall’uomo stesso.
Intervistando Alvaro Lozano Gutierrez, il baritono che canta Don Giovanni, mi confessa che questo è il ruolo che su tutti più si avvicina alla sua personalità.
Non sopporta la banalità cui spesso è soggetta la sua interpretazione: un donnaiolo libertino destinato ad essere punito con l’inferno.
Per lui Don Giovanni è un personaggio che va oltre, che si è stancato della mediocrità della vita, che tende sempre verso l’inesplorato e a nuove avventure. Alvaro mi fa un esempio molto efficace di questo: quando Don Giovanni si trova dinanzi il convitato di pietra, più che la paura rimbalzano in lui lo stupore e la curiosità di scoprire “cosa succederà ora?” E’ una persona stanca e infastidita dalla banalità dell’essere umano, che sa di essere sporco e insincero ma si cela dietro un velo di bigottismo. E’ stufo anche della banalità dell’amore, perché le donne fingono di non capire le sue reali intenzioni, così si diverte a giocarci.
Alvaro ha definito il suo personaggio “uno a cui gli sta piccolo il mondo”, “un cervellone”, “uno studioso”, “un chimico pazzo” finendo col paragonarlo per genialità e rincorsa alla scoperta al dottor Frankenstein.
Ma Don Giovanni non si sentirà mai contento né compiuto qualsiasi cosa faccia, è un eterno insoddisfatto, un po’ come lui, che insegue il suo apice pur sapendo che non sarà mai abbastanza in alto da appagarlo.
Chiedo al mio interlocutore se è consapevole che il dongiovannismo è una malattia per la quale la parvente forza esteriore nasconde uno stato patologico di insicurezza, e Alvaro mi risponde che proprio l’insicurezza è alla base di tutto: “siamo su una gigantesca palla, che gira intorno ad un’altra palla gigantesca, e contemporaneamente gira attorno a se stessa a milioni di kilometri orari, più veloce della luce, e tu vuoi una sicurezza?!” Continua spiegandomi che per quanto possiamo essere sicuri di noi stessi è la nostra stessa natura ad andarci contro perché tutti moriremo, eravamo polvere e torneremo polvere.
Aggiunge poi che se non riusciamo a far altro che condannare negativamente Don Giovanni, è perché siamo pervasi da una morale cristiano cattolica, che ci sospinge a cercare un senso alle nostre azioni e verso l’idea di formare una famiglia, capisco cosa sta cercando di dirmi e faccio un esempio su una diversa morale, quella greca, che si basa sul riconoscimento di quello che ciascuno di noi è, delle proprie virtù e capacità, attraverso la cui realizzazione troviamo la felicità. “Brava” mi sento dire, ho afferrato il concetto, se uno non pensa come un cristiano cattolico ed ha una cultura differente, caratterizzata da diverse filosofie, religioni, tradizioni troverà altre chiavi di lettura più o meno negative.
Certo è che, avendo fatto esperienza più o meno direttamente dei Don Giovanni contemporanei, non posso avere questa visione troppo romantica e incantata del personaggio.
Sessuologi e psicologi hanno studiato la malattia cosiddetta del “dongiovannismo”. L’ossessiva strategia di seduzione e conquista nasce non dall’amore per le donne, ma dalla paura delle stesse e del potere che sono in grado di esercitare, è un modo per proteggere se stessi, amore per se stessi quindi, profondo egoismo. Il Don Giovanni è una persona che non si abbandona mai all’amore ma vede in ogni donna conquistata la proiezione della propria presunta grandezza. Il rituale dell'amore ripetuto serve solo a esorcizzare la paura e l'insicurezza. Il Dongiovanni si contraddistingue per immaturità e incapacità di stabilire una relazione interpersonale seria e in grado di arricchire entrambe le parti. La condotta libertina fondata sulla superficialità delle parole, dei gesti e dei rapporti rischia però di causare solitudine e aridità emotiva, un senso di vuoto e una profonda amarezza lasciata in bocca dopo ogni conquista che si dissolve. E ovviamente è molto comune fra noi donne lo “spirito della crocerossina” per il quale tentiamo di salvare il Don Giovanni dalle proprie insicurezze cercando di farlo innamorare, ma comprendiamo che è una causa persa in partenza solo dopo esserci fatte male.
Giulia
Foto di Ivan
Condivido appieno quello che disse Lozano nella sua intervista. Don Giovanni è un carismatico, è un uomo che ha tutta una sua ricchezza e potenza interiore che esula dalla bellezza. La bravura di Alvaro sta nel fatto che pur avendo il physique du rôle è riuscito a rendere appieno questa grandezza, questo carisma. Bravo!
RispondiEliminadi quale ricchezza parli? di ricchezza interiore non ha proprio niente.
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