mercoledì 24 giugno 2009

Micol e Caterina per l’Opera di Aida

l’anello di congiunzione tra astratto e concreto nella visione di Mitoraj.


Dopo il primo grande salto nel vuoto, il cast di Aida può tirare finalmente un bel sospiro.

Il percorso è stato intenso, duro. I risultati sono stati più che apprezzati, tanto da far notizia al Tg nazionale.

E’ proprio per questo enorme successo che sorge spontaneo chiedersi, chi in tutto questo ha avuto la sua parte di merito: in via fortuita, siamo riusciti a intervistare le due ragazze che hanno saputo concretizzare le idee dell’artista polacco Igor Mitoraj: Caterina Bottai ( 27) e Micol Joanka Medda (37).

Giovanissime, hanno avuto già diverse esperienze alle spalle, ma mai di questa portata.

C: “La paura c’era fino all’ultimo, tensione per le persone coinvolte, grandi numeri , inoltre le scelte dei costumi e scenografie molto impegnative”.

M: “ Aida non è difficile solo per la mole di personaggi coinvolti, ma anche per la sua nota iconografia egizia che benché affascinante, sempre problematica”.

“È molto difficile come gestione”, ammette Caterina, “richiede tanta conoscenza,soprattutto in questo periodo di crisi dello spettacolo dove si cerca di affidare operazioni tanto importanti a grandi nomi o a personaggi con un percorso lavorativo avanzato, garantiti dall’esperienza. Abbiamo avuto l’ opportunità di cimentarci e dimostrare le nostre capacità, per questo abbiamo sposato subito l’iniziativa.

L’aspetto contestuale dell’Aida è molto ben descritto nel libretto, in questo senso le diverse interpretazioni iconografiche possono risultare scelte quasi forzate compromettendo, a volte, anche la resa di messa in scena: in bilico tra il rischio di rappresentare qualcosa di eccessivo, e la scelta di allontanarsi dal modello originario.

M: “Il bello del nostro lavoro fatto col maestro Mitoraj è stato proprio questo, i tagli dei costumi non riprendono gli indumenti tipici egizi, ma anzi hanno tutta la morbidezza delle tuniche greche, tra ricerca dinamica di panneggi , di tessuto e di colore”. Un’ idea che insomma, ha rivoluzionato con successo l’Opera di Verdi.

I bozzetti disegnati dal “maestro” sull’allestimento sono stati elaborati in un’opera di traduzione tecnica tra forme, colori e volumi. Le due costumiste hanno cercato di trasformarli in abiti confezionabili e indossabili.

Dal laboratorio di Montedomini , che Opera Festival tiene come sala prove, con la specifica gamma di colori particolari fortemente richiesti dall’artista, sono state adottate varie prove di tintura. Una volta revisionati addosso agli attori i costumi, quasi finiti, sono stati portati a Boboli dove ovviamente, grazie all’aiuto di 4 assistenti e muniti efficientemente di attrezzature e macchinari, sono state apportate le ultime modifiche. Il controbilancio tra costumi e scene è stata una tappa fondamentale per ottenere quanto meno, una visione completa dell’insieme.

L’analisi del testo, non ha tenuto solo conto delle ricerche storiche e iconografiche del tempo ma ha comportato anche una studio del capo in funzione del personaggio: dal carattere, dagli aspetti fisici e biografici.

Per dare un numero si contano 200 costumi per l’opera di Aida: sui 170 tra coristi e figuranti a cui si aggiungono i protagonisti e i vari capi di scorta.

“Lo studio, aggiunge Caterina, non è stato fatto solo sui personaggi ma anche sulla ricerca del tessuto; del tempo di lavorazione e del tipo di invecchiamento; del processo di plissettatura da dare al capo, capace di restare tale anche a distanza di tempo. Una ricerca non solo storica ma anche tecnica, agevolata da un panorama ristretto d’azione ed una ampia gamma di risorse da sfruttare tra Firenze e Prato”.

Lavorare con un artista, è stata una novità per entrambe, ma grazie all’affabilità di Mitoraj , l’esperienza è stata comunque pacifica, ed appagante. La fiducia tra le due parti, artista-costumiste è stato fattore determinante del risultato.

Ovviamente a rendere tutto più semplice, gli altri operanti del cast ( attrezzisti, costumisti, trucco, parrucco) hanno collaborato in un percorso lavorativo integrativo, con rapporti interpersonali ottimi e rispetto degli ambiti di specializzazione. Ognuno ha mantenuto il proprio ruolo, ed è stato un lavoro eseguito con serenità.

Da questa intervista si può dedurre che determinante per il successo di Aida è stato in primis il rapporto di fiducia tra l’artista Mitoraj e le costumiste; l’integrazione operativa tra le varie parti che compongono la produzione dell’opera; e il ruolo incisivo del regista.

Andrea Cigni infatti, come definiscono le due costumiste, è un regista dalle grandi qualità, capace di portare sue idee e sue visioni, cosa ormai rara in di questi tempi. In questa esperienza lavorativa, ha visto una Aida non solo lirica ma anche teatrale, indirizzando così il cast ad interpretare a pieno non solo con la voce ma col corpo i loro rispettivi personaggi.

Con Opera Festival Micol e Caterina avevano cominciato già dall’anno scorso,firmando i costumi del “Barbiere di Siviglia”, riproposto anche quest’anno il 4-11 luglio a San Gargano e il 15 luglio a Montevarchi. Per ora, non resta che aspettare la seconda serata di Aida del 25 Giugno presso il Giardino di Boboli.

Malia Zheng

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