lunedì 14 giugno 2010

L'ingannato è più saggio

Le Cirque Invisible è più bello di una fiaba, di un sogno, di una visione.

Victoria Chaplin scompare in una veste a forma di campanula, dai colori cangianti sotto i riflettori, e inizia a piroettare, a contorcersi, a stirarsi e, guardando rapiti la scena, perdiamo di vista la realtà. Victoria non c’è più! Una strana pianta carnivora, una campanula, un fungo dai mille colori si muove sul palcoscenico, una strana danza ci incanta, mentre il nostro cuore batte all’unisono col ritmo della musica, prima incalzante e poi lenta.

Assistiamo a un duello fra un paravento e una sedia, uno zaino diventa la testa di un drago, nuvole bianche e leggere volteggiano, un vestito da dama di corte dà vita ad un elegante cavallo. Victoria scompare di nuovo dentro ad un vaso, sotto a una coltre di ombrellini cinesi, poi inghiottita da un serpente. Si trasforma in creature inumane, impossibili da collocare nei mondi da noi conosciuti: incontri fra creature estinte e creature mitologiche, draghi. Ancora in divenire…ricoperta da pentole e bicchieri, lei sola è un’intera orchestra che suona un tintinnante concerto. Infine sembra prendere il volo grazie ad ali fatte di raggi di biciclette.

Ci incanta grazie alla maestria con cui padroneggia i movimenti di ogni singolo muscolo, di ogni arto e quando cammina e si contorce sopra la corda ci tiene col fiato sospeso, coi muscoli tesi e col cuore in gola.

Jean Baptiste Thierrèe ci stupisce ad ogni entrata con eccentriche giacche e coloratissime valigie, da cui estrae storie di pesci di carta, bolle di sapone che quando scoppiano suonano come campanelli, magie di fazzoletti colorati che cangiano, di candele che scompaiono, palline che volteggiano a mezz’aria. Poi il suo piccolo aiutante Jean Louis (un morbido coniglietto), su ordine del mago, si mette la giacchetta nera, si trasforma in un piccolo cavallo, diventa un gustoso gelato al limone.

E ancora Jean Baptiste con un variopinto costume che canta in coro con i visi sulle sue ginocchia, che “fa a pezzi” la moglie nella scatola magica e non si ricorda in che verso rimettere la parte tagliata. Ed entra portando a spasso una marionetta che all’ingresso successivo porta a spasso lui, infine pedalando un tandem in compagnia di uno scheletro.

Con lui riscopriamo una comicità esilarante fatta di semplicità e piccoli oggetti, nell’era dell’incontentabilità e della ricerca dell’effetto speciale più strabiliante.

Ma non basta guardare lo spettacolo, allo spettatore è richiesto un impegno di gran lunga maggiore: deve collaborare alla finzione e all’illusione, connettere la propria mente e la propria fantasia con la coerenza dei movimenti, degli oggetti e delle musiche sul palco. Proprio come in una narrazione, i due artisti creano un loro proprio mondo, che può essere fruito, goduto e compreso solo se ci abbandoniamo allo spettacolo e ci permettiamo di lasciarci alle spalle il senso della realtà. A tal proposito Gorgia disse “L’ingannato, ossia colui che si abbandona tutto all’illusione è più saggio di chi non si lascia ingannare, che rimane freddo e mantiene le distanze.”

Gli autori di una rappresentazione teatrale chiedono al proprio pubblico un patto finzionale; una volontaria sospensione dell’incredulità in cambio di una coerenza e di una completezza narrativa, ecco perché il mondo di Le Cirque Invisible è incommensurabile, perché manca di completezza e coerenza giocando con la dimensione onirica. Ma alcuni spettatori adulti non hanno saputo capire e collaborare con la propria immaginazione, così lo hanno biasimato la sera della prima.

Infatti seduto dietro noi si trovava un vecchio signore che commentava pedante la banalità dei trucchi dei due artisti sul palco, immaginate quale piacere udire le sue parole mentre si assiste ad uno spettacolo d’illusione e si cerca di abbandonarsi alla finzione.

Mentre i bambini, stupiti con il volto rapito dall’incanto delle trame dei linguaggi estetici, lo hanno ammirato con semplicità.

Inoltre, prima del termine dello spettacolo, la maleducazione ha preso posto, tutti in piedi, non per una standing ovation, ma per uscire senza trovare fila.

Fortunatamente le sere successive scene del genere non si sono ripetute.

Il pubblico si è dimostrato intelligentemente più attivo e più partecipe, realmente divertito e incantato. File di spettatori a bocca aperta o con le lacrime agli occhi per le risa. Per finire in fragorosi applausi e tamburellanti battiti di piedi sugli spalti.

Giulia e Elisa

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